Quando giro in rete e scovo roba del genere benedico Internet ed il suo inventore, tanto è il divertimento ed il relax comunicato da operazioni del genere. Hans Annellsson è un simpaticone, un musicista svedese di estrazione (e religione…) zappiana che ha ben pensato di “coverizzare” in versione lounge & chill out, dance ed ambient, con rigeneranti saltelli in placide oasi new age, alcuni brani del repertorio zappiano, alternandoli con materiale proprio, anch’esso alquanto strampalato. La copertina è molto invitante, con un collage di arachidi e stuzzichini, figure arcane, angeli ed il volto di Zappa in un angolino: in effetti la cosiddetta “chill out” (raffreddare fuori) nasceva proprio allo scopo di placare e far calmare i bollori sorti con gli assalti ed i martellamenti della techno. E’ sempre più frequente ascoltarla in bar e locali più chic dove si sorseggiano aperitivi e si compongono i disordini dei frenetici ritmi moderni. Ecco allora che la “decompressione”, dopo che i pionieri del genere hanno scelto come bersaglio prediletto il “malcapitato” Mike Oldfield, si sposta, con il prode Annellsson, a Zappa. Il compianto “Duca delle Prugne” è sottoposto ad un lifting blasfemo che forse non avrebbe condannato: “Uncle meat”, “King Kong”, “The black page” e “On ho”. Il peculiare e marcato chitarrismo di Zappa, le “stupid songs”, il suo ostentato amore per il ritmo e le orchestre sono celati, altrettanto l’indole dissacratoria; i brani sembrano dare spazio alla vena elettronica tipica di molte one man-band, a sghembi accenni reggae e freddi richiami fusion. Annellsson è un buon polistrumentista ma, con una certa frequenza, si fa aiutare da validi collaboratori, grazie ai quali conferisce un costante tocco di ariosa eccentricità ai già singolari brani. I brani propri viaggiano tra la dance progressive (“Simon”, “Mr. Jones”, l’ammaliante “Between the tics”), una stramba e contaminata techno/jungle (“Telstar”, “Strawberry bricks”), lo stralunato e “sintetico” R&B di “Black and blue” ed il sorprendente camerismo di “The reconciliation of the Square sisters”. Sempre presente un gusto per il grottesco ed il curioso. C’è anche spazio per episodi marziali e bizzarri, in odore di “chamber rock” e vicini al materiale dei tedeschi Eskalation, mi riferisco all’ossessiva “Short of time or just in a hurry?” e alla percussiva “Ethnotallica”. “Waiting for the unexpected” è un surreale esperimento, ai limiti del rumorismo industriale, il finale di “The end” girovaga tra space ed elettronica. Spuntano all’improvviso un’improbabile, squadrata e magnetica “Red” (chissà se Fripp l’avrà sentita…) e una serena “Pavane” di Fauré; persino John Cage non viene risparmiato ed un estratto di “Composition for 3 voices” giunge a noi in chiave piuttosto sorniona e beffarda. Per nevrotici da calmare, “curiosoni” e stanchi della solita roba. |
Donato Zoppo |
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