"One more time for the world some more"
Recensito da Donato Zoppo

“Questa è la seconda parte della serie “One more time for the world”. Avrei potuto chiamarla “Brani che non coverizzeresti mai” oppure “Covers dall’Inferno””.
   Era Hans Annèllsson, il mitico strumentista svedese che, dopo tre anni dal primo tassello dello stralunato progetto, ritorna con le sue improbabili (e ballabili!) covers. Stavolta col buon Annellsson c’è anche il formidabile vocalist John Marshall Gibbs.
   Se nel primo lp era l’amato Zappa a subire la furia iconoclasta, stavolta è il progressive ed alcuni suoi classici a sopportare il “martirio”. I crimsoniani talebani evitino di ascoltare “Prince Rupert awakes”: ma era così festosa e scanzonata nel terzo lp dei King Crimson? Resisteranno forse ad una “Fracture” cibernetica e danzereccia?
   Avvisiamo anche i fans degli Yes. Un estratto da “Close to the edge” in chiave acustica, tra calipso, ritmi orientali e sapori afro; una pimpante “Onward”, gradevole ed alquanto serena; una stramba ma non sgradevole (sarà perché è tra le mie preferite di casa Anderson…) “South side of the sky”.
   In tutte i passaggi ritmici sono segnati sempre da percussioni (stile marimba e glockenspiel) e da estranianti tappeti tastieristici. Hans mi fa pensare ad una versione meno seriosa e più “balorda” di Ed Macan ed i suoi Hermetic Science. Se non vi basta beccatevi anche la versione techno/beachboysiana di “Yours is no disgrace”. I fanatici di Anderson ed Howe staranno preparando una battuta di caccia. L’indirizzo di Hans però non glielo do…
   Sempre sul versante progressivo la genesisiana “Afterglow” in versione sottofondo da pubblicità. Chissà a chi toccherà nel prossimo album? i gabrieliani doc sono avvertiti…
   I brani scritti dallo stesso Annellsson sono invece brevi tasselli di raccordo: come nel curioso predecessore, si vaga smarriti tra dance contaminata da penetranti chitarre (“Let’s rock!”) e dagli effetti di soap operas di quart’ordine (“Sit.com”), pop rock stralunato (“It conquered the world”), ambient e cyber-prog (“Anabolic parabolic”), ossessioni crimsoniane (“Basement dweller”).
   Per quanto riguarda l’amatissimo Zappa, Hans folgora solo “What’s the ugliest part of your body?”. Il danzante risultato è, a dir poco, agghiacciante. Fa sempre piacere risentire (stavolta con voci campionate e cantato da crooner…): “What’s the ugliest part of your body? Some say your nose, some say your toes but I think it’s your mind!”.
   Un piccolo spazio lo trova persino John Lennon, prima con la sua “Woman is the nigger of the world”, poi con il classico beatlesiano “Magical Mystery Tour” in versione Buggles (ve li ricordate?). Chi l’ha ascoltato rifatto dai Transatlantic tragga le dovute conseguenze…
   Il finale è dedicato a Brian Eno: “Here comes the warm jetz”, dall’omonimo album, subisce un maquillage che la avvicina molto alle prime cose degli inglesi Ultramarine, mutando pelle verso una pomposa dance.
   Il secondo capitolo della serie sembra più riuscito e completo del precedente: meno strambo ma altrettanto curioso; manca solo maggiore spazio per il materiale scritto da Annellsson ma quel poco che c’è è molto intrigante. Le cover, inoltre, sono azzeccate e coinvolgenti.
   Se vi capita non negategli un ascolto: altro non è che un lavoro che dell’eccentricità, del relax, del sorriso e di un enigmatico distacco fa le sue armi vincenti.


Donato Zoppo 
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Sidan uppdaterad 2010-09-12
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